Il digiuno di Danilo!!!

Merita attenzione e rispetto a prescindere dalle proprie idee sul Dal Molin e sulle pratiche l'iniziativa che Danilo ha iniziato al presidio. Dal 15 aprile è in digiuno dai cibi solidi. Infatti si "nutre" con un litro di acqua, uno di latte, un cucchiaio di zucchero e un po' di sale al giorno. Danilo soggiorna al presidio all'interno di una tenda canadese montata sul campo del presidio. E' un'iniziativa forte e personale per manifestare il proprio desiderio di pace e la propria pratica nonviolenta. Danilo ha dichiarato che porterà avanti il digiuno fino a quando se la sente e devo dire che alla sua età, 75 anni,  è un grosso sacrificio portare avanti questa forma di protesta. Non è la prima volta che lo fa, infatti anche durante i bombardamenti di Sarajevo nel 94 per 39 giorni.

Tratto dal sito di famiglie per la pace ecco un'intervista dove spiega le motivazioni del suo gesto.

 

D) – Cominciamo con una presentazione?
R)- Mi chiamo Danilo Schenato, ho settantacinque anni e mezzo, sono di Lonigo, dove abito da quando sono andato in pensione, prima stavo ad Aosta.
Sono venuto qui al Presidio perché sento e vivo in un modo molto forte il problema della pace, e sono venuto qui per fare un digiuno.
E’ un digiuno dai cibi solidi, bevo un litro di latte e un litro di acqua al giorno, un cucchiaio di zucchero e una punta di sale.

D) – Lei ha già fatto altri digiuni, può raccontarci in quali occasioni?
R) – Nel ’94 a Sarajevo ho fatto un digiuno di 39 giorni che ho dovuto interrompere per un blocco intestinale causato dal latte in polvere.

D) – E’ andato da solo a Sarajevo?
R) – Si, anche se avevo il sostegno degli amici del MIR di Aosta.
Alloggiavo presso la Caritas che occupava i locali del seminario, abbandonato dai seminaristi perché troppo pericoloso. Sono rimasto lì tre mesi.
Pensavo sarebbe rimasta l’unica esperienza di digiuno, invece due anni dopo, a Lonigo quando è sorto un comitato contro la chiusura di due reparti dell’ospedale, nuovo ed efficiente, prima ho partecipato alla occupazione delle sale operatorie, poi ho fatto altri 54 giorni di digiuno, da novembre a gennaio, in una tenda nel giardino di un amico, quasi davanti all’ospedale.

D) – Ha programmato una durata per questo digiuno?
R) – Spero di riuscire a resistere almeno un mese, se le forze tengono, c’è un dottore che mi segue dal punto di vista sanitario, dopo il mese eventualmente andrò avanti giorno per giorno.

D) – Come sono andati questi primi cinque giorni?
R) – Tre sono stati buoni, due un po’ meno, però so anche per le esperienze precedenti che si presentano sempre le sensazioni di sfiducia, e poi passano.
Stamattina non stavo bene, adesso va già meglio.

D) – Perché ha scelto la testimonianza del digiuno?
R) – Il digiuno è la più alta espressione di nonviolenza. Non si creano disordini o paura ad altri, il digiunante si mette a disposizione di tutti e non chiede niente in cambio. Anche dal punto di vista della fede mi sembra una cosa molto buona.

D) – In che senso?
R) – Beh, innanzitutto come dono, e come testimonianza. Anche se molti non la capiscono. Non so perché, sembra un’idea strana. Anche qui a Vicenza, pur apprezzando il gesto sembra che molti commiserino più che sostenere.
Ma io so di fare qualcosa di buono. Anche se è difficile, perché bisogna andare anche contro se stessi in certi momenti, perché durante il digiuno ci sono sempre i momenti di crisi e di debolezza.

D) – E lei si sente forte anche rispetto a questo?
R) – Io penso a S.Paolo che dice “quando sono debole, è allora che sono forte” ed è proprio vero, perché ti senti debole fisicamente e in certi momenti ti pare di non poter andare dall’oggi al domani, però ti senti forte perché sai che stai facendo qualcosa che non serve a te ma serve anche agli altri, che si riesca o no all’obiettivo più generale.

D) – In che modo il digiuno serve agli altri?
R) – Serve come forma di lotta, intesa sempre pacificamente. Non dobbiamo dimenticare che qui c’è di mezzo la guerra, non è solo che non si vuole una seconda base, il tema centrale è la guerra che uccide migliaia di persone.
E partendo dal presupposto che chi semina non raccoglie, anche se apparentemente sembra di avere fallito, può darsi che serva un domani.
Credo che non bisogna puntare sul ‘vinco o perdo’, si vince comunque. Anche se apparentemente si è perdenti, quando ci si adopera per una causa buona si vince sempre.

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