Domenica iniziativa su bombardamenti del 1944

Sabato 17 novembre cade l’anniversario del bombardamento degli americani dell’aeroporto Dal Molin. Nel 1944 la zona, che adesso viene bonificata dagli stessi che bombardarono, fu oggetto di una pioggia di bombe ben 304 tonnellate sganciate dagli aerei americani, causando 317 vittime civili. Il comitato no dal molin di Polegge in collaborazione con il comitato acqua per la pace di Dueville e il forum per la pace di Monticello Conte Otto ha organizzato per domenica 18 novembre una giornata in ricordo delle vittime civili dei bombardamenti americani.  Ecco il programma:

ore 15.00 presso il teatro Zuccato di Polegge Testimonianze:

– Vicenza 18 novembre 1944, il racconto di chi l’ha vissuto

– Cermis 3 febbraio 1998, si poteva evitare. Ecco cos’è successo, con Werner Pichler, Comitato 3 febbraio per la giustizia.

– 2007, storie e drammi quotidiani dalle guerre nel mondo con Emergency.

– Riflessioni, considerazioni ed idee per costruire la Pace con Don Maurizio Mazzetto, Pax Christi. 

ore 17.00 Videoproiezioni all’aperto

ore 17.30 Fiaccolata silenziosa da Polegge al Presidio attraverso l’allestimento delle croci della Fattoria Artistica Antersass

ore 18.30 al Presidio permanente memorie musicali: archi (senza frecce) suonano per la pace. 

 

Come approfondimento storico proponiamo l’articolo apparso sul Giornale Dal Molin di novembre sui bombardamenti del 1944

SOTTO LE BOMBE, I bombardamenti alleati sull’aeroporto vicentino

Il campo d’aviazione vicentino, sorto agli
inizi degli anni trenta col nome del noto aviatore
Tommaso Dal Molin, divenne sede di
reparti operativi della Regia Aeronautica nel
1936 e fu adeguata con una pista da 900
metri, 4 grandi aviorimesse, un complesso
residenziale, alcune caserme e molte altre
installazioni. Durante il periodo bellico, il
Comando Tedesco Traffico Volo scelse questa
pista per le favorevoli condizioni climatiche
della zona e per questo nel ’43 fu ulteriormente
potenziato ed ampliato, diventando
un’importante base logistica tedesca.
Nell’estate del ’44 cominciò ad ospitare anche
un reparto dell’Aeronautica Repubblicana
che fuggiva dal campo di Reggio Emilia
bombardato dagli Alleati. Questi ultimi
ovviamente cominciarono ben presto a studiare
anche l’aeroporto vicentino e a considerarlo
un obiettivo da colpire. Nonostante le
foto aeree svelassero la presenza di soli 18
aeroplani, l’aerodromo era un punto d’appoggio
focale, anche per i caccia del 2° Gruppo
ANR che in quel periodo era particolarmente
aggressivo. Gli Alleati concertarono dunque
un’azione punitiva per l’aeroporto di Vicenza,
parallelamente a quelli di Villafranca,
Campoformido e Aviano.
Il 17 novembre del 1944, i 37 aerei inglesi
appartenenti al 205° Gruppo della RAF e
diretti ad un raid in Jugoslavia, cambiarono
obiettivo a casa del maltempo, e furono dirottati
a Vicenza. Sganciarono 104 tonnellate di
bombe, colpendo in gran parte il Dal Molin
ma "sfumando" anche nella zona a nord-est
dell’aeroporto, sui terreni di Cresole, Polegge
e Laghetto. Data l’importanza della pista, i
danni inferti dovevano essere riparati al più
presto: il mattino seguente l’Organizzazione
TODT cominciò i lavori, e non avendo abbastanza
personale creò dei posti di blocco per
le strade fermando civili idonei all’incarico e
caricandoli su dei camion. Ma il loro lavoro
"forzato" verrà reso inutile quello stesso giorno
dal secondo attacco alleato. All’alba infatti
erano già partiti da varie zone d’Italia gli
aerei statunitensi appartenenti ai Gruppi
454°, 455°, 456° e 459° del 304° Wing. Poco
dopo le 10:30 del 18 novembre, una pioggia
di sottili striscioline di carta metallica cadevano
sull’aeroporto Dal Molin, riflettendo i
segnali radar e disorientando gli operatori.
Alle 10:53 i 40 bombardieri B-24 del 459°
Gruppo sganciarono quasi 99 tons. di bombe
M41, conosciute anche come "bombe a spillo"
(9 kg. di peso, il corpo ad anelli metallici
esplodendo si spezza in piccoli frammenti
che provocano danni fino a 60 metri). Poco
dopo, i 32 B-24 del 454° Gruppo sganciarono
6.000 M41, pari a 60 tons. Dopo le bombe
a frammentazione fu la volta di quelle convenzionali:
alle 11:04 i 40 bombardieri del
455° Gruppo sganciarono 386 bombe da 500
libbre del tipo RDX (ad alto potenziale esplosivo),
per un totale di 96,5 tons. Infine fu la
volta del 456°, che con i suoi 34 bombardieri
completò il raid con 332 bombe dello stesso
tipo.
In quei dodici minuti furono dunque lanciati
sul Dal Molin 304,4 tonnellate di bombe:
15.800 M41 e 718 RDX. Secondo le valutazioni
del quartier generale dell’aviazione
strategica alleata, l’operazione fu un successo:
“Le installazioni sono state gravemente danneggiate
e 39 aeroplani sono stati distrutti o gravemente
danneggiati e fra essi, 24 erano caccia
monomotori. Altri 9 sono stati danneggiati.”
In realtà i velivoli presenti erano solo 18, di
tipologia non specificata. E nonostante i
gravi danni inflitti alle strutture, le installazioni
poterono operare fino al termine della
guerra. Un risultato mediocre per un bombardamento
dai numeri agghiaccianti.
Molte furono, tra l’altro, le vittime civili dell’attacco:
317. La maggior parte di loro stavano
forzatamente riempiendo, pale alla mano,
le buche del raid inglese del giorno precedente,
quando inaspettatamente il cielo si
riempì di spilli luccicanti al sole. Altri invece
erano impegnati nei lavori quotidiani, in
campi e paesi ben lontani da Caldogno: alcune
bombe caddero in località limitrofe, altre
arrivarono addirittura a chilometri di distanza
(a Castelgomberto una famiglia stava raccogliendo
le patate quando fu colpita da una
miriade di schegge che uccise il padre e ferì
gli altri). Bella mira. Il rapporto del 455° è
quasi esaltante: "Bombardamento a vista,
eccellente concentrazione di bombe cadute
sull’obiettivo". Alcuni aerei, poi, ebbero problemi
tecnici ai sistemi di sganciamento, e
dovettero lanciare le bombe una a una
manualmente, dalle botole di emergenza, in
luoghi non sempre precisati, con buona pace
delle azioni chirurgiche. Infine, una buona
parte degli ordigni, anche se atterrati dove di
dovere, non esplosero. Quanti? Tra poco
forse lo scopriremo. Sempre che la millantata
trasparenza non rimanga solo nei bei documenti
intestati di un commissario "straordinario"

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