Lavoro nero, assunzioni fittizie sono ben dffuse all'interno delle basi militari americane alla faccia della necessaria, invidiabile e redditizia occasione di posti di lavoro che dovrebbero generare. Oggi sul Giornale di Vicenza si parla di una cooperativa di Arcugnano, la "Three Stars", che assumeva in nero lavoratori per la Ederle e le altre basi militari americane. Il modo di operare era semplice: molti dipendenti sarebbero
stati assunti solo formalmente dalla ditta, ma in realtà erano alle
dipendenze di altre società collegate per tagliare i costi evitando di
fatturare tutte le spese. Oppure i regolari contratti firmati dai
lavoratori non venivano in realtà mai depositati ad Inps e Inail, con
pari danno di enti previdenziali e lavoratori stessi, che credevano di
essere assunti in regola e invece erano in nero.
Ecco tutto il testo dell'articolo:
L’indagine. I Cc della tutela del lavoro hanno denunciato 9 persone
Fornivano servizi agli Usa «ma con lavoratori in nero»
Nel mirino la cooperativa “Three stars”: avrebbe finto di assumere
di Diego Neri
Una
truffa ai danni dello Stato e degli enti previdenziali che si
concretizzava grazie ad un vorticoso giro di aziende che si prestavano
personale e mezzi. Tutte facevano riferimento alla cooperativa “Three
stars scarl” con sede ad Arcugnano in via Volta, specializzata nel
fornire servizi – soprattutto traslochi e movimento di materiale – per
conto dei militari americani della caserma Ederle oltre che di una
ventina di basi statunitensi sparse per l’Europa.
Il raggiro è
stato scoperto dopo due anni di indagini dai carabinieri
dell’ispettorato del lavoro di Vicenza, che hanno denunciato padre e
figlio, Pasquale e Giovanni Barca, rispettivamente di 52 e 27 anni,
residente il primo a Creazzo in via Battisti, il secondo in città in
via Giolitti.
Con loro sono finite nei guai altre 7 persone (fra
cui un rappresentante sindacale di lavoratori autonomi campano),
accusate di aver costituito un’associazione a delinquere finalizzata
alla truffa ai danni di Inps, Inail e Agenzia delle entrate,
intermediazione di manodopera e esercizio abusivo di agenzia di lavoro
interinale.
Inoltre, i carabinieri del maresciallo capo Leonardo
Anderlini, coordinati dal pm Paolo Pecori, contestano loro di aver
omesso di versare le ritenute previdenziali e assistenziali, di non
aver versato tutti i contributi e di aver installato delle telecamere
per controllare i lavoratori.
L’indagine tocca un campo quanto mai
complesso ed ha portato finora a scoprire 114 lavoratori assunti in
nero, altre 223 posizioni non lecite, 15 contratti cococo sottoscritti
ma non riconosciuti, per 4 milioni e 300 mila euro di evasioni
accertate. Alla gang sono state contestate violazioni penali per 650
mila euro (in base alla legge Biagi), una truffa da 150 mila euro e
2500 violazioni che costeranno 450 mila euro.
I carabinieri, che nei
giorni scorsi hanno compiuto 21 perquisizioni – anche in provincia di
Pordenone, Sassari e Catania: dove ci sono basi americane c’è una sede
della “Three stars”, ora in liquidazione – comprese quelle ad Arcugnano
(oltre che in via Volta, anche in via Meucci dove ha sede la “Int
moving”), avevano avviato l’indagine due anni fa.
All’epoca,
infatti, due dipendenti della cooperativa di Barca si infortunarono
mentre lavoravano a Mannheim, vicino alla base dell’esercito Usa, in
Germania. La polizia tedesca, come di prassi, avvisò i carabinieri
italiani. I feriti avevano dichiarato di essere dipendenti della “Three
stars”, la quale però negò la circostanza. Com’era possibile?
Compiendo
una lunga serie di accertamenti, gli investigatori scoprirono le
singolari modalità operative della cooperativa, che ha legami stretti
con le basi Usa. Secondo l’accusa, molti dipendenti sarebbero stati
assunti solo formalmente dalla ditta, ma in realtà erano alle
dipendenze di altre società collegate per tagliare i costi evitando di
fatturare tutte le spese. Oppure i regolari contratti firmati dai
lavoratori non venivano in realtà mai depositati ad Inps e Inail, con
pari danno di enti previdenziali e lavoratori stessi, che credevano di
essere assunti in regola e invece erano in nero.
Per gli inquirenti
l’universo di società serviva per creare un meccanismo di scatole
cinesi nelle quali era difficile trovare un nesso. D’intesa con i Barca
avrebbero agito dei prestanome, alle quali le aziende erano intestate,
o i manager delle varie sedi logistiche della cooperativa, oltre che un
commercialista napoletano che risulta fra le persone denunciate dagli
inquirenti.